Mi è sembrato di vedere un ….topo!

Venerdì pomeriggio Doug ha portato le bimbe al parco.

In attesa dell’arrivo dei miei – che soggiorneranno qui da noi per due settimane (God help us!) – previsto per il giorno dopo, decido di preparargli il letto e la stanza. 

Mi avvicino al divano letto – dal costo esorbitante ma di cui sapevo avrei fatto largo uso –  e tolgo i primi due cuscini.

E cosa mi vedo spuntare, immobile, comodamente accoccolato tra le pieghe del materasso?

Un bel topolino della lunghezza di un indice. Ma pur sempre facente parte della famiglia dei roditori.

“Sarà morto” penso vittima di un inspiegabile ottimisimo.

Il secondo che stacco lo sguardo, il topolino non c’è più.

“Cucù”! Gongola dal suo nascondiglio segreto.

Che fare? Sono a casa da sola e non voglio chiamare mio marito per sbrigare questa incombenza…

Siccome c’è parecchio caldo, e non ho più vent’anni – ma soprattutto non ho più la pancia semi piatta che avevo un dì – ultimamente giro per casa con un mini abito comprato per sbaglio in qualche negozio fashion di P., e che fa la gioia di mio marito, l’unico autorizzato a vedermi ridotta così.

In questo momento ce l’ho addosso, e decido di abbinarci un fashionissimo paio di stivaloni da pescatore verde- comprati nuovi di zecca il giorno dopo l’alluvione – e li calzo compiaciuta, pronta a lanciare una nuova tendenza per l’estate 2012: micro abito e stivale verde.

Se lotta col topo deve essere, meglio essere preparati.

Chi c’è oltre mio marito che potrebbe aiutarmi in un momento cruciale come questo?

Chi sono gli acerrimi nemici dei topi?

In un secondo, fischio alla fida Baghera che da qualche cespuglio fa la sua comparsa (l’ingenua pensa che voglia sfamarla e non sa quanto sia vicina a questa possibilità).

Le parlo, e completo il passaggio di consegne.

La lancio nella casetta e la chiudo la porta. Sono sicura che l’odore di un topo sia tanto forte quanto il profumo di colonia di un uomo in caccia il sabato sera.

Dà qualche sniffata nell’aria…e poi esce con passo felpato, disinteressata al massimo.

A letto senza crocchette, penso amaramente.

Ci vuole un piano B.

Cosa fanno sempre nei cartoni, per catturare Jerry, l’antipatico topolino che la vince sempre su Tom?

Formaggio, accipicchia!

Mi compiaccio del mio piano geniale. Volo giù in cucina – non senza qualche affanno, lo  stivale non è esattamente pratico sulle scale- e preparo un pezzo di Emmental, che lego ad una lenza, attaccata a un bastone.

Ah! Già mi vedo a decantare le mie doti alla McGiver per tutto il paese, su come ho ammaestrato un topo facendolo uscire dalla casetta dietro a un pezzo di formaggio volante.

Lancio il formaggio e aspetto.

Aspetto.

I minuti passano ed io rimango seduta sulla sedia di plastica…

Il topolino deve essere più furbo di quanto pensassi.

Mi sento come un pescatore che dopo ore sotto il sole non ha ancora avuto un’imbeccata.

E la pazienza non è il mio forte.

In fondo potrei aspettare mezz’ora e delegare il tutto a mio marito, in fondo noi donne non siamo state create per scacciare i topi; noi siamo quelle che saltano sulle sedie strillando.

Eppure qualcosa dentro di me rifiuta quell’immagine di donna indifesa in paziente attesa del marito salvatore.

Il gioco si fa duro. 

Scendo a prendere i guanti di pelle da giardiniere e opto per una versione ligure di Black Mamba.

Ci sono circa trentatre  gradi e il mio vestito è inzuppato, ma non importa: ci vuole un metodo offensivo, non si può sempre giocare alla Trapattoni.

Devo stanare il bastardo.

Comincio a smontare il letto, prima o poi farà una mossa.

Qualcosa si muove da sotto il divano, caccio un grido animalesco manco fossi attaccata da un rinoceronte incazzato e mi sposto di un metro.

Una testa di uccello – di legno – rotola beffarda da sotto il divano, non so perché ma il paragone mi ricorda la testa di Clara Calamai in Profondo Rosso.

Ma è solo un giochino delle mie figlie a farsi gioco di me.

Ci vuole decisione.

Sposto con forza il divano e stavolta qualcosa spunta velocissimo da sotto la struttura. E’ lui!

Corre come un ossesso verso l’unica salvezza (lui non può sapere che al massimo potevo fare la mandante): la zanzariera aperta della porta finestra.

Fuori. Uscito per sempre dalla mia vita; arrangiati da solo nella jungla ligure, adesso.

Qualche minuto dopo Doug arriva ignaro di tutto. Mi trova sudata e stremata pronta a spiegargli il pomeriggio con un profluvio di parole, a tratti esagerate.

Noi donne non saremo mai come gli uomini ma svincolarsi n certe situazioni dal ruolo della dolce fanciulla indifesa in attesa del principe azzurro, ricompensa con l’appagante sensazione di indipendenza e libertà che nessun uomo potrà mai regalarci.